Indice degli argomenti
Scuola e Privacy: rischi connessi
Di cosa si occupa il CDT “Center Center for Democracy & Technology”
La ricerca del CDT. Danni nascosti: la promessa ingannevole di monitorare gli studenti online
Una promessa non mantenuta: non tanto sicurezza quanto disciplina
Scuola e Privacy: rischi connessi
Di solito, quando si parla di uso responsabile della tecnologia tra i giovani ragazzi e studenti si fa riferimento a come questi ultimi utilizzino i device e la rete, ai rischi connessi ai loro comportamenti on-line e alla loro dipendenza da internet.
In questo articolo vogliamo raccontarvi un punto di vista alternativo e opposto, quello del monitoraggio da parte della scuola dei propri studenti. Per farlo vi racconteremo i risultati di una ricerca americana condotta dal CDT (Center for Democracy & Technology), che ci ha colpito profondamente.
Se pur con le dovute differenze e distanze, legate al diverso contesto normativo, sociale e scolastico italiano rispetto a quello americano, i risultati di questa ricerca rappresentano un monito, uno spunto di riflessione indispensabile per scuole, insegnanti, dirigenti scolastici, istituzioni e per chi sviluppa software per la scuola (come noi), affinchè le tecnologie mettano sempre al primo posto la tutela di uno dei valori fondamentali dell’individuo: la libertà.
Di cosa si occupa il CDT “Center Center for Democracy & Technology”
Il CDT è un’organizzazione no profit (non governativa), che si occupa del difficile compito di sostenere i valori democratici e le libertà costituzionali nell'era della rivoluzione digitale. Uso responsabile della tecnologia, rispetto della privacy e delle libertà individuali nel mondo “online”, sono queste le parole chiave che identificano l’attività del CDT che ha sede a Washington e in Europa a Bruxelles.
La ricerca del CDT. Danni nascosti: la promessa ingannevole di monitorare gli studenti online
In America, la necessità delle scuole di mantenere al sicuro i propri studenti, proteggerli fisicamente e sostenere la loro salute mentale, è al culmine.
L’aumento dei problemi tra i giovani legati a disturbi mentali, esacerbato dalla pandemia di COVID-19 e le preoccupazioni per il numero crescente di sparatorie nelle scuole hanno portato moltissime realtà scolastiche a interrogarsi su come la tecnologia possa tutelare i propri studenti.
La tecnologia mirata quindi a proteggere gli studenti è diventata in poco tempo sempre più pervasiva, in particolare sui dispositivi forniti direttamente dalle scuole agli studenti, con attività di monitoraggio dei post pubblici degli alunni sui social media e analisi real-time di ciò che fanno in tempo reale sui loro dispositivi.
Come spesso accade nell’era della tecnologia digitale le intenzioni di partenza erano le migliori possibili. Eppure, dalla ricerca del CDT emergono danni sproporzionati proprio nei confronti di chi si doveva proteggere: i ragazzi.
Una promessa non mantenuta: non tanto sicurezza quanto disciplina
Il sondaggio è stato condotto su un campione di genitori di alunni di età compresa tra i sei e i dodici anni, di studenti fra i nove e i dodici anni e agli insegnanti di alunni tra i sei e i dieci anni delle scuole americane.
Dai risultati emerge come, sebbene la “promessa” iniziale fosse legata all’utilizzo del monitoraggio per garantire la sicurezza degli studenti, di fatto questo venga utilizzato più spesso per scopi disciplinari.
I risultati del sondaggio
Il primo dato che emerge è che gli insegnanti, pur avendo responsabilità nelle modalità di utilizzo del monitoraggio, non hanno ricevuto una formazione adeguata per applicarlo in modo privato e sicuro.
La mancanza di formazione quando si tratta di privacy e sicurezza è già di per sé un rischio enorme che può portare a gravi conseguenze a causa di modalità errate nella raccolta, nell’utilizzo e nella divulgazione dei dati.
Il secondo dato preoccupante è che gli studenti corrono il rischio di maggiori interazioni con le forze dell'ordine: le scuole infatti inviano i dati degli studenti raccolti dal software di monitoraggio ai funzionari delle forze dell'ordine, che li usano per contattare gli studenti.
Il terzo dato allarmante è che per gli studenti LGBTQ+ il monitoraggio spesso comporta la divulgazione non consensuale del proprio orientamento sessuale e della propria identità di genere.
Infatti secondo il CBT il 13% degli studenti delle scuole che operano il monitoraggio delle attività studentesche riferiscono che loro o un loro conoscente sono costretti all’outing (che ricordiamo è del tutto diverso dal coming out) a seguito del monitoraggio. Il 51% dei genitori e il 57% degli insegnanti è fortemente preoccupato da questo dato. I ragazzi infatti, come emerge, potrebbero non sentirsi più liberi di esprimere sé stessi on line e i propri sentimenti per paura di essere “scoperti” e sperimentare delle ritorsioni a scuola o atti di bullismo.
E i dati dello studio lo dimostrano: circa la metà degli studenti non si sente a proprio agio nell'esprimere i propri veri pensieri e sentimenti online quando sa di essere monitorato; questa proporzione sale a più di 6 su 10 tra gli studenti con differenze di apprendimento o disabilità fisiche.
In generale la salute mentale di tutti gli studenti è a rischio: se è vero che grazie al monitoraggio molti studenti ricevono supporto e vengono indirizzati a consulenti scolastici o assistenti sociali o altre figure di supporto psicologico, molti di questi ragazzi preferiscono non esporre per timore i propri sentimenti in rete, perdendo quindi la possibilità di accedere a risorse essenziali che potrebbero aiutarli.
Il monitoraggio, inoltre, nonostante le preoccupazioni di genitori e insegnanti, spesso non si limita all'orario scolastico, ma avviene anche al di fuori.
Infine alcuni gruppi di studenti, come quelli provenienti da famiglie a basso reddito, studenti neri e studenti ispanici, sono più soggetti ai danni del monitoraggio. Alcune precedenti ricerche del CDT riportavano come le famiglie di queste categorie di studenti, facessero più affidamento sui dispositivi forniti dalla scuola, non potendosi permettere di acquistare un dispositivo personale. Pertanto, questi ragazzi, rispetto a quelli che utilizzano dispositivi personali, sono soggetti a una maggiore sorveglianza e ai danni che vengono evidenziati dalla ricerca, inclusa una maggiore interazione con le forze dell'ordine. È bene infatti sottolineare che secondo la ricerca, l’80% del monitoraggio scolastico avviene sui dispositivi che vengono dati agli studenti dalla scuola, rispetto al 18% dei dispositivi personali.
La posta in gioco
Siamo davanti a una realtà sociale del tutto diversa da quella italiana, questo è certo. Ma in una fase grande cambiamento sociale e tecnologico – anche in ambito scolastico, che a seguito del Covid ha conosciuto una improvvisa accelerata nel percorso di trasformazione della didattica e nei processi interni, non possiamo ignorare gli errori che oggi sono di altri e che domani potrebbero diventare i nostri.
Le istituzioni dovranno prestare in futuro grandissima attenzione alle implicazioni etiche dello sviluppo di applicativi software e anche a come questi possano essere utilizzati dagli utenti con intenti del tutto differenti dall’obiettivo iniziale.
La posta in gioco di questa è altissima: potremmo perdere il rispetto delle libertà individuali.
Leggi il report completo del CTD.