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La resistenza al cambiamento: una costante
Cos’è la resistenza al cambiamento
Resistenza al cambiamento: la buona notizia è che si può superare
La resistenza al cambiamento: una costante
“L'unica costante è il cambiamento”. Sembra una dichiarazione di un normale manager d’azienda, eppure nella sua forma originaria appartiene a Eraclito. Il cambiamento è talmente costante nelle nostre vite che filosofi, manager, politici si interrogano sul suo senso da millenni.
Ma il cambiamento è davvero l’unica costante? No. Finchè esisterà il cambiamento esisterà un’altra costante, opposta e intrinseca: la resistenza al cambiamento.
Sembra un gioco di parole, eppure oggi per qualunque azienda, la gestione di tutto ciò che implica una trasformazione è tutt’altro che un gioco.
Cos’è la resistenza al cambiamento
Cominciamo col dire che la resistenza al cambiamento aziendale è quell’insieme di atteggiamenti che assumono i dipendenti (a volte più o meno consci e consapevoli) nell’”ostacolare” un progetto di trasformazione a livello organizzativo.
Questo tipo di approccio è del tutto NORMALE: fa parte della natura umana ricercare una stabilità attraverso la costruzione di schemi, di consuetudini che, nel loro ripetersi, soddisfano i bisogni primari della nostra specie: garantire sicurezza, autorealizzazione, stabilità. Siamo geneticamente programmati per difendere l’equilibrio raggiunto.
Cambiare ci rende insicuri, ci mette davanti all’ignoto. Cambiare fa paura e può scatenare stati di ansia.
Resistenza al cambiamento: la buona notizia è che si può superare
La resistenza al cambiamento è di fatto un ostacolo che può essere gestito e superato dai leader, ma perché ciò avvenga è necessario che i manager ne conoscano conoscerne le radici, le motivazioni profonde. Solo così potranno gestirla.
Vediamo di seguito alcune cause che generano la resistenza da parte dei dipendenti che può essere manifestata in differenti modalità: può essere sottile o evidente e può riguardare singole persone, dipartimenti, gruppi di dipendenti. Può tradursi in commenti sarcastici, critiche, assenze a incontri pianificati fino addirittura a sabotaggi.
Le cause della resistenza al cambiamento
Inutile girarci intorno, quando si genera una resistenza al cambiamento, i leader dovrebbero porsi delle domande, uscire dalla propria zona di confort, mettersi nei panni dell’altro e comprendere dove hanno “sbagliato”, o comunque dove possono aumentare l’efficacia della propria attività di manangement.
- Assenza di fiducia
Può essere rivolta sia al gruppo dirigente che all'azienda nel suo insieme. In genere quando è legata al gruppo dirigenziale è connessa al fatto che chi ricopre posizioni di leadership non ha ancora guadagnato la fiducia dei dipendenti: il caso più evidente è quando c'è un nuovo leader all'interno dell'organizzazione. Ma può anche derivare da precedenti esperienze che hanno portato i dipendenti a diffidare della leadership.
La sfiducia nei confronti dell’azienda nel suo insieme può avvenire quando i dipendenti non si sentono apprezzati e valorizzati, o ritengono che l’azienda non mantenga le promesse, o ancora quando l’azienda cambia troppo di frequente sul piano organizzativo.
- La scarsa comunicazione
La mancanza di comunicazione può avere un grande impatto anche sui cambiamenti organizzativi più ben congegnati e pianificati. Più un’organizzazione si fonda su una “cultura aziendale della trasparenza” più le persone tenderanno ad abbandonare la difensiva e a fidarsi dell’organizzazione. La comunicazione costante, che segue passo il cambiamento, lo prepara e lo anticipa, permette ai dipendenti di avere il tempo di elaborare le informazioni nel tempo e di percepire il cambiamento come meno “traumatico”. Il cambiamento è nemico della disinformazione.
- La risposta emotiva
Abbiamo già detto che il cambiamento genere delle risposte emotive del tutto “normali”, come paura, preoccupazione, incertezza, ansia. Ignorare o evitare le emozioni dei dipendenti è un errore enorme, perché le emozioni non spariranno ma si tradurranno in una resistenza al cambiamento difficile da gestire. Spesso i dipendenti faticano a esprimere le proprie emozioni o non vogliono esternarle ai leader per paura, timore o perché pensano che non saranno ascoltati.
Ecco perché è fondamentale l’ascolto, la comunicazione trasparente costruita giorno dopo giorno con colloqui individuali o di gruppo aperti, in cui il dipendente si senta parte attiva dell’organizzazione e delle sue scelte e si senta “libero” di esprimere il proprio disagio dinnanzi al cambiamento.
- La paura del fallimento
La paura è uno dei killer più pericolosi del cambiamento. Abbiamo detto che geneticamente siamo portati a mantenere lo status quo. La paura degli individui rispetto al cambiamento ha un forte impatto sul loro rendimento sul lavoro perché quest’ultima, quando si presenta, tende a prendere il sopravvento sulle altre funzioni cognitive del nostro cervello. È scientificamente provato infatti che il nostro cervello, pur essendo molto adattivo, tende a dare la precedenza nel soddisfare i propri bisogni fondamentali a scapito delle altre funzioni. È chiaro che se un dipendente ha paura che il cambiamento influirà negativamente sul proprio lavoro quotidiano, sulla propria retribuzione e sulla propria posizione all’interno dell’azienda non solo resisterà, ma avrà pessime performance sul lavoro. Per non parlare dell’impatto fisico e mentale complessivo sulla persona.
Consigli per gestire il cambiamento
Il cambiamento è una delle costanti della nostra vita, privata e aziendale. Detto questo, l’organizzazione deve tenere conto che è necessario un tempo di adattamento al cambiamento da parte dei propri dipendenti. Ecco perché è fondamentale che il management mantenga un canale di comunicazione sempre aperto all’interno del quale i dipendenti si sentano accolti in un dialogo sereno e costruttivo. Inoltre, i cambiamenti andrebbero introdotti poco alla volta, attendendo che si siano stabilizzate le modifiche introdotte prima di introdurne di nuovi.
Insomma, cambiare è fondamentale per crescere, ma va fatto passo dopo passo, prendendo per mano i propri dipendenti.