Design Thinking in azienda

Cos’è il design thinking e come utilizzarlo in azienda

Chi ha inventato il design thinking

Il design thinking è negli ultimi anni oggetto di studi e applicazioni nei più svariati contesti aziendali con grandi benefici sul business aziendale e sulla qualità del servizio erogato e prodotto creato: dagli studi di progettazione e design ai consulenti di management strategico fino alle aziende IT e agenzie digitali, sono sempre più le realtà che lo stanno adottando con successo.

Ma perché questa metodologia è così interessante ed efficace? Perchè sta diventando sempre più mainstram e cross industry?

Per capire meglio di cosa si tratta, è necessario partire dall’inizio. La metodologia nasce verso il 2000 in California, all’Università di Stanford. Tra i padri fondatori, David Kelley, fondatore della società di design e innovazione IDEO e co-founder dell’Istituto di design di Stanford (d.school). David Kelley aveva (e ha tuttora), una visione democratica e fiduciosa riguardo alla creatività.

Secondo il suo pensiero, espresso a pieno nel libro “Creative Confidence: Unleashing the Creative Potential within Us All”, tutti possiamo “liberare il potenziale creativo dentro di noi”, in quella che lui definisce “Fiducia Creativa”.

Per comprendere meglio questo spirito vi rimandiamo a questo famoso video di repertorio che racconta come IDEO applica il design thinking alla progettazione di un carrello della spesa.

https://www.youtube.com/watch?v=uhOg95BsyG8&t=230s

Cos’è il design thinking

Il design thinking è una metodologia strategica di risolvere problemi complessi in modo semplice, di fare innovazione, utilizzando un approccio creativo, inclusivo e in grado di promuovere una collaborazione “empatica” all’interno del team.
Originariamente, come abbiamo visto, veniva utilizzata prevalentemente dalle aziende di design, poi nel tempo è diventata una metodologia di progettazione “per tutti” esattamente come lo è la creatività nella visione di David Kelley.
Senza dimenticare il nostro Bruno Munari, che già nel 1981, nel suo libro “Da cosa nasce cosa”, ci insegnava con il suo inconfondibile sguardo lieve e incantato, che la capacità di progettare non è una dote esclusiva per pochi eletti ma la che la creatività applicata al metodo ci porta a risolvere i problemi piccoli e grandi di tutti i giorni.

Una delle caratteristiche del design thinking è quindi l’ampio spazio che viene al brainstoming e al libero fluire della creatività di ciascun membro del team, combinato però a una buona dose di pragmatismo a una approfondita analisi di fattibilità sul piano economico e tecnologico.

Ma più di tutto (e nel video che vi abbiamo riportato qui sopra è evidente), questo metodo è basato sullo “human centered design”, ovvero l’analisi dell’esigenza dell’utente finale e del suo bisogno. Ed è proprio la centralità dell’utente a guidare questo modello strategico di pensiero finalizzato all’innovazione e al cambiamento.

 

Ambiti di applicazione del design thinking

Uno degli aspetti più interessanti del design thinking è che è una metodologia "doppiamente democratica": democratica sul piano del coinvolgimento empatico del team, che viene chiamato a esprimere il suo potenziale creativo come gruppo e come individui e democratica sul piano applicativo, perché può essere utilizzata per risolvere e gestire qualunque problema complesso, non solo aziendale ma anche della nostra realtà quotidiana.

Può essere utilizzata per lanciare start up, sviluppare nuovi business, lanciare nuovi prodotti e servizi, ridefinire prodotti e servizi esistenti, canali di distribuzione e per trovare nuove soluzioni a problemi organizzativi interni.

Insomma un metodo che ogni azienda, ogni realtà organizzativa, ogni scuola può applicare al proprio contesto. Aggiungiamo anche, visto che di recente ne abbiamo parlato in un articolo del nostro blog, che può essere un buon metodo per superare la resistenza al cambiamento aziendale, proprio in virtù del profilo empatico e di alto coinvolgimento del team che caratterizza il modello.

Cos’è il double diamond o “doppio diamante”

Il double diamond è una rappresentazione visiva del processo di design e innovazione. Rappresenta una sorta di linguaggio della progettazione, che codifica i singoli passaggi che vengono intrapresi in qualsiasi progetto di design e innovazione.

double diamond design thinking

double diamond design thinking

Le 4 fasi del double diamond

Il double diamond si basa su 4 fasi: Discover (scoperta), Define (esplorazione e definizione), Develop (sviluppo e ideazione) e Deliver (prototipazione, test & mercato).

Ogni fase è caratterizzata da un andamento sinusoidale nello stile di pensiero che alterna momenti di PENSIERO DIVERGENTE a momenti di PENSIERO CONVERGENTE.

  • Il pensiero divergente è caratterizzato da apertura, mindset creativo per il brainstorming e libertà di pensiero. In queste fasi non è importante ragionare sulla fattibilità, è necessario esplorare, proporre scenari, soluzioni, idee.
  • Al pensiero divergente segue sempre il pensiero convergente, caratterizzato invece da un profilo analitico e logico, in cui le idee emerse attraverso il pensiero divergente vengono “passate al vaglio” della razionalità.

Vediamo in cosa consistono le 4 fasi:

  • Scoprire

La prima fase ha come obiettivo quello di identificare i bisogni degli utenti. Come abbiamo già sottolineato il design thinking è focalizzato su un approccio che mette al centro l’utente, l’utilizzatore, il cliente, a seconda della sfida che siamo chiamati ad affrontare. È divergente, e quindi caratterizzata da pensieri liberi e idee creative anche bizzarre. 

  • Definire, esplorare.

Nella seconda fase è necessario dare un senso alle idee e ai risultati che sono emersi dalla fase precedente, applicando uno stile di pensiero critico e cercando di definire esattamente il problema che ha l’utente, e come possa essere risolto. Di solito la seconda fase si conclude con un brief per la progettazione di una soluzione che sia in grado di risolvere il problema identificato come primario per il nostro utente.

  • Sviluppare

Una volta identificato il problema si entra nella fase vera e propria di progettazione della soluzione. Di nuovo, la fase dello sviluppo è una fase con un mindset creativo e divergente.

  • Delivery, test & mercato

L’ultima fase è quella che viene definita “delivery” cioè la consegna, il momento di testing. È una fase convergente, in cui, sulla base del problema centrale identificato, si fissano dei criteri chiave per analizzare le idee emerse dalla fase precedente. È una fase in cui il pensiero libero rientra nei “binari” e ciascuna idea viene esaminata secondo criteri analitici di fattibilità economica e realizzativa, ma anche di “desiderabilità”, da parte del cliente (siamo sicuri che il cliente voglia questa soluzione e che sia disposto ad acquistarla e pagarla?).

E così, se tutte le fasi del processo sono state gestite correttamente, siamo arrivati alla nostra soluzione.

Come applichiamo il design thinking in Bit on Cloud

Il design thinking è una metodologia che amiamo e che utilizziamo costantemente perché ci permette di affrontare problemi complessi in modo semplice e di coinvolgere tutto il nostro team in modo attivo, rendendolo protagonista del nostro cambiamento. Utilizziamo il design thinking per “progettare la cosa giusta” e che effettivamente risponda alle esigenze dei nostri clienti (prima parte del diamante), e una volta identificato il problema che dobbiamo risolvere, ci poniamo nelle condizioni di “come progettare la cosa giusta”.

È un modello versatile, che utilizziamo per svariate attività:

  • Valutazioni iniziali di progetti e dell’approccio che dovremo avere per affrontare sfide specifiche
  • È un metodo ottimo per iniziare a porre le basi di una strategia
  • Per facilitare il confronto tra i membri del nostro team e identificare le priorità in termini di problemi da gestire e risolvere e del tipo di approccio da utilizzare
  • È una guida che utilizziamo per analizzare ogni progetto, chiedendoci “in che fase siamo adesso?

 

Esempio pratico di design thinking: il caso di Bit on Cloud

La nostra azienda crea un software gestionale e CRM per le scuole e le piccole e medie imprese. Quando abbiamo iniziato la nostra attività di sviluppo di funzionalità specifiche del software avevamo davanti una serie infinita di possibilità nella prateria dello sviluppo. Era necessario darsi delle priorità di lavoro. Abbiamo così iniziato a lavorare all’interno del nostro team seguendo i principi del design thinking.

Nelle prime fasi di scoperta, esplorazione e definizione è emerso come la problematica fondamentale degli utenti fosse quella di avere a disposizione un software che non cambiasse il loro modo di lavorare ma che si adattasse alla loro realtà, rendendo al contempo i processi interni di amministrazione, contabilità, organizzazione e marketing più rapidi, efficaci ed efficienti. Ma c’era un altro problema fondamentale: gli utenti erano stanchi di pagare ogni singola personalizzazione. Questo aspetto impattava sui costi complessivi del software, spesso difficili da controllare, e dunque si auto-limitavano nella richiesta di personalizzazioni. E dunque accadeva che il software, invece di supportare la crescita dell’azienda offrendo maggiore flessibilità, efficacia ed efficienza la frenava.

Avevamo così identificato il problema centrale: Bit on Cloud doveva essere un software gestionale altamente flessibile, quasi un abito di sartoria, in grado di garantire agli utenti uno strumento di lavoro in continuità con i loro processi interni ed esterni. Era inoltre necessario far sì che le richieste dei nostri clienti non venissero viste come verticalizzazioni ma fossero considerate un valore aggiunto e quindi parte del valore del servizio

Nella fase di progettazione e sviluppo software abbiamo costruito quindi un gestionale che il cliente potesse personalizzare completamente, con il nostro supporto, per gestire amministrazione, contabilità, marketing e aspetti organizzativi.

Inoltre, dopo una serie di valutazione di fattibilità e sostenibilità economica abbiamo concluso che, qualora una nuova richiesta non era già soddisfatta dalla versione “base” del software, poteva essere implementata dal nostro team gratuitamente ma a una condizione: che potesse essere una funzionalità utile a tutta la community dei nostri clienti.

E così siamo riusciti a progettare un software gestionale e CRM che favorisce la costruzione di un rapporto di partnership con i nostri clienti, che sono parte attiva del cambiamento di Bit on Cloud. Insomma, il software cresce insieme ai nostri clienti.

E tutto questo, grazie al design thinking!